Lettera a un bambino mai nato - Oriana Fallaci



"Perché avrei dovuto, mi chiedi, perché avresti dovuto? Ma perché la vita esiste, bambino! Mi passa il freddo a dire che la vita esiste, mi passa il sonno, mi sento io la vita. Guarda s'accende una luce. Si odono voci. Qualcuno corre, grida, si dispera. Ma altrove nascono mille, centomila bambini, e mamme di futuri bambini: la vita non ha bisogno né di te né di me. Tu sei morto. Forse muoio anch'io. Ma non conta. Perché la vita non muore."


Trama:
L’opera è ambientata nel 1975, ma la figura femminile tratteggiata da Oriana Fallaci è attualissima: è una persona indipendente, non giovanissima, che vive da sola, ha un lavoro impegnativo e un capo per nulla disponibile ad andare incontro alle sue esigenze di donna. Scoprire di aspettare un bambino è una notizia per lei a dir poco sconvolgente: è mal vista dalla società, prima di tutto dal ginecologo al quale si rivolge, perché non ha un compagno al suo fianco, ed è sola, lasciata a se stessa. Il suo capo è pronto a sostituirla, qualora non riesca a portare a termine i suoi compiti, il padre del bambino ha troppa paura per starle accanto come dovrebbe. L’unica persona a starle vicino è “la sua amica”, ennesimo personaggio senza nome che troviamo nell’opera.
Eppure, nemmeno lei riesce a comprenderla pienamente, forse a causa dei diversi punti di vista. Infatti, “la sua amica” è una femminista e le consiglia di abortire, ma la donna è titubante: ha il diritto di negare la vita al suo bambino? E, allo stesso momento, che diritto ha lei di costringere il suo bambino a venire alla luce?
Il dilemma di una donna, che parlerà al suo bambino, in cerca di una risposta che non potrà mai ricevere, una donna che spiegherà al feto che cos’è la vita, l’ingiustizia, la guerra, raccontando quelle che lei stessa definisce fiabe, ma che non hanno nulla di fittizio o magico. Parte fondante dell’opera sarà il processo al quale la donna sarà sottoposta in sogno, processo nel quale i vari personaggi – l’amica, il padre, il commentatore, i genitori, il ginecologo tradizionalista e la dottoressa progressista- esprimeranno il loro verdetto. Parlerà, per ultimo, anche il bambino.
Un finale commovente, un’opera che esprime i diversi punti di vista su un tema delicato come quello dell’aborto. Oserei paragonare l’opera della Fallaci al testo “Piccola storia ignobile” di Francesco Guccini, perché in entrambi l’attesa di un figlio “non programmato”diventa una sorta di problema che riguarda esclusivamente il gentil sesso, una “colpa” che deve essere espiata soltanto dalle donne.
Avevano commissionato un’inchiesta sull’aborto alla giornalista Fallaci; è invece nato un libro che raccoglie le riflessioni di una madre, che corrispondono agli interrogativi di ogni madre, sul senso della vita e su quello che è definito il “dovere” di genitrice, scritto non soltanto dalla giornalista ma anche e in particolar modo dalla donna Fallaci.
Oriana Fallaci non esprimerà mai un parere personale sull’aborto, ma lascerà giudicare tutti gli altri, tutti quelli che si assumono il diritto di emettere una sentenza a tal proposito, e, pretendendo di averne piena facoltà, condannano o assolvono la protagonista.

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